Addio a Gianniti

Una storia di fatto e non solo letta

di Francesco Nucara

Venerdì 22 luglio veniva a mancare, dopo un lungo iter sanitario, l'amico fraterno Eugenio Gianniti.

Eugenio Gianniti era originario di Oriolo Calabro, paese poggiato su un'amena collina al confine tra Calabria e Lucania. Egli apparteneva ad una famiglia di repubblicani “storici”, di quelli che la storia l'hanno fatta e non solo letta. Luigi Gianniti, un suo prozìo, è caduto combattendo a Porta Pia. Fra i 49 morti di quel 20 settembre 1870, c'è, quindi un Gianniti.

A Roma una via di Trastevere porta il suo nome.

Da tantissimi anni, forse anche per quanto sopra, era per me rituale incontrare Eugenio Gianniti alla manifestazione del 20 settembre a Porta Pia. Solo da due anni non l'ho visto alla manifestazione e, tuttavia, c'era la moglie Adele, alla quale chiesi notizie: e così appresi da lei delle cattive condizioni di salute del caro Eugenio.

Anche il fratello Francesco, professore di Diritto a Bologna, portava con sé l'orgoglio mazziniano, tanto da partecipare, insieme al Rettore Roversi Monaco, a incontri di studio sul mazzinianesimo.

Eugenio Gianniti lo conobbi alla Cassa del Mezzogiorno, dove io approdai ventiduenne. Fu per me maestro e guida sul lavoro.

Anche se al PRI mi iscrissi qualche anno dopo (1963). Egli non mi forzò mai la mano. Aveva una poderosa biblioteca di scritti e cimeli repubblicani e ricordo ancora l'omaggio che mi fece di un opuscolo con un discorso di Roberto Mirabelli che fu il primo deputato repubblicano calabrese, anche se eletto in Romagna alla fine dell'Ottocento.

Non so se per intuizione o per ragionamento Eugenio capì più degli altri vecchi repubblicani la mia voglia di fare. Fu così che mi spinse ad organizzare il gruppo aziendale repubblicano che, nel giro di qualche anno, fu composto da duecento iscritti.

L'affetto e la considerazione che “l'Ingegnere” nutriva per il sottoscritto era fraterna, al punto che, nel corso della campagna elettorale del 1987, “pretese” una mia visita ad Oriolo Calabro e, malgrado tentassi di spiegare che da Reggio ad Oriolo e ritorno c'erano circa 600 chilometri di auto, mi impose affettuosamente un incontro nella sua bella casa di Oriolo.

Era per me una campagna elettorale difficile ma lui mi rassicurò e, abbracciandomi nell'accomiatarci, disse: “Ci' (Ciccio) ce la farai anche stavolta e, per quante difficoltà incontrerai, la gente che ti stima è più di quanto tu possa pensare”. In effetti, fui rieletto per la seconda volta.

Eugenio Gianniti se ne è andato in silenzio, così come era stato il suo modo di vivere: mai una parola sopra le righe, mai uno scatto d'ira. Eugenio non ha condiviso la linea politica emersa al Congresso di Bari e me lo rimproverava spesso e volentieri, e tuttavia era rimasto una assiduo lettore de “La Voce”.

Un ricordo struggente mi coglie mentre scrivo, il Congresso di Roma del 2007: avevo appena terminato la mia replica ed Eugenio si avvicinò al palco e mi abbracciò piangendo a lungo, sussurrandomi tra i singhiozzi: “Sai come la penso, ma solo tu puoi riuscire a non far morire l'idea repubblicana”.

Grazie caro Eugenio, non ti scorderò mai.

Alla cara Adele, ai figli Luigi e Maria un abbraccio affettuoso da tutti i repubblicani.